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laretino testo integrale, brano completo, citazione delle fonti, commedie opere storiche opere letterarie in prosa e in versi, operaomnia #
LI
DUI PRIMI CANTI
DI ORLANDINO
DEL DIVINO MISSER
PIETRO ARETINO
[CANTO PRIMO]
[ 1 ]
Le erroiche pazzie, li erroichi humori le traditore imprese, il ladro vanto le menzogne de l'armi, e de gl'amori di che il mondo coglion si inebria tanto i plebei gesti, e i bestiali honori de tempi antichi, ad alta voce canto, canto di Carlo, e d'ogni paladino le gran coglionarie di Cremesino.
[ 2 ]
Sta cheto ser Turpin prete poltrone mentre squinterno il uangelo alla gente taci di gratia historico ciarlone ch'ogni cronica tua bugiarda mente merce vostra pedante cicalone ciascun Poeta, e ciaratan ualente dice tante menzogne in stil altiero che d'aprir bocca si vergogna il vero.
[ 3 ]
Per colpa tua cronichista ignorante nulla tenensis, Vescovo Turpino drieto carotte ci caccia il Morgante & il Boiardo, Furioso divino, per le ciacchiere tue e fole tante fa dir Marphisa al gran Pietro Aretino vangelista e propheta e tal bugia ch'un monsignor se ne vergogneria.
[ 4 ]
Fu Morgante un cotal manigoldone che saria trangugliato vita eterna fu Ruggiero un bellissimo garzone ma d'Agramante, e di Carlo pincerna Gradasso, e Mandricardo uno stallone che non uscian mai della taverna Rinaldo un huom bestial senza cervello masnadiero di bettole e bordello
[ 5 ]
Sapete voi chi fur signor mie cari Ferrau, Sacripante & Agricani? tre ignudi mascalzon senza denari & tre erranti e valenti ruffiani fur marioli invitissimi e chiari i quali volean Angelica in le mani per prestarla a vettura e giocar poi gli avanzi che facean de fatti suoi
[ 6 ]
Rodamonte fantastico animale fu un berton di donna Doralice da cui compro Mandricardo bestiale la sopradetta e diva merretrice e ne fu Orlando al suo cugin rivale nel omnia vincit come Turpin dice fu ben ver chel cavo del senno fore un natural, e fantastico humore.
[ 7 ]
Fu Carlo Magno un bel cacca pensieri e padre di civetti e fottiventi Avino, Avolio, Ottone e Berlingieri Astolfo il vituper de suoi parenti & era un scempio il marchese Ulivieri e il Danese il fachino delle genti e Gano un trufatel, Namo un castrone & una peccoraccia Salamone.
[ 8 ]
D'Angelica Marfisa, e Bradamante di Fiordiligi, di Morgana, e Alcina non vo cantar che chi non e ignorante la vita loro amorosa, eindivina io l'assimiglio alla puttana errante Antea, Origilla e Fallerina l'Anchroia errante anch'essa era puttana e Gabrina di tutte la ruffiana.
[ 9 ]
Questo è la verità non dice fola come ser Pulci, il Conte, e l'Ariosto il mio sol Aretin che pel ciel vola con quel lume chel sol da mezzo Agosto e Turpin se ne mente per la gola e ve lo voglio far veder tantosto state adunque ad udir, o spensierati i ladri gesti de i guerrier pregiati.
[ 10 ]
Ma a chi farò io la invocatione prima chio metta i paladini in ballo Cupido e un furfantin, Marte un poltrone uno asinaccio il pegaseo cavallo pe miei fatti le muse non son buone ch'odio le donne e tutto il mondo sallo se fusser buone robbe invocherei Dante, il Petrarcha, e gli altri farisei
[ 11 ]
A me potreste dire invoca Apollo accio t'infonda il suo favor divino chi fa per me Signor me di voi sollo onde col cor cotrito a capo chino ti priego che mi pigli un poco in collo Apollo mio Philippo Pasquarino ch'io diro cose tante nove e belle che porranno in stupor fino alle stelle
[ 12 ]
Tu sei la musa mia tu il mio pegaso tu la mia stella il mio sole il mio dio tu il fonte, tu il monte di parnaso la penna linchiostro e lo stil mio da Lindo al Mauro da l'Ostro a l'ocaso se mi presti favor volero io e de gire a man dritta anchora spero del dottrinal, di Virgilio, e d'Omero
[ 13 ]
Se mi dai Philippo almo un baso solo almeno in capo della settimana a staffetta men vo da polo a polo e la fama sera poi la mia alfana coronami pulcherrimo figliolo di carcioffi, d'ortica, e di borana che venendo da te cotali honori edere torneran mirti, & alori:
[ 14 ]
Hora col favor tuo Pasquarin divo di Iacinto più bello, e di Narciso del miser Carlo Imperador scrivo la ladra historia composta improviso perche tu sappia fanciul mio lascivo piú presto te vorrei chel paradiso Carlo raccolse per Pasqua rosata lalta dozzina della sua brigata.
[ 15 ]
Una dozzina d'huomin Carlo havea scielta fra tutte quante le sue genti ne sol che fusser bravi si credea ma orsi, draghi, lioni, e serpenti, & in costor più speranza tenea che mal di Iob in glimpiasti in gliunguenti e li chiamava per gloria gioconda i paladin della tavola ritonda.
[ 16 ]
Hora la Pasqua è venuta a mestiere alla mensa ciacun sia comparito i paladin si lanciorno a sedere come si lancia in chiesa uno fallito e cominciorno a mangiare e bere con una sete, e con uno appetito che la fame, il digiun, la carestia, con men voglia berebbe, e mangieria,
[ 17 ]
Venivan le vivande a son di piva di tamburi, di trombe, e come s'usa & ogni volta che un piatto arriva saltella un pazzo a suon di cornamusa i paladin gridavon viva viva poi senza cerimonie, e senza scusa chi grapava un fagian, e chi un pavone a onta d'Apollino, e di Macone
[ 18 ]
Astolfo havendo in lungie un capon lesso gli affisse adosso un furibondo sguardo capon dicendo, hor fussitu quel desso fustu quel valent'huom di Mandricardo che in pezzi ti farebbe adesso adesso e detto cio pien d'animo gagliardo in dui bocconi con terribil possa lo divoro con furia in carne, e in ossa.
[ 19 ]
Rinaldo invidia al suo cugino havendo visto un fagian a canto una pernice irato horribelmente sorridendo disse poniam la starna Doralice in fagian Rodamonte, ch'ora intendo provar che glie una ladra meretrice & egli è un poltroncion porco pagano e soffogollo col coltello in mano
[ 20 ]
Non disse altro, e nel petto il ferro imerse a madama pernice alta e divina & al fagian dui colpi soli offerse che gli taglio com'una gelatina in questo Orlando gli occhi guerci aperse e fulminando verso una gallina la estrema invitta man crucciosa stese E tanta ne squarcio quanto ne prese.
[ 21 ]
Avino, Avoglio, Ottone, & Berlinghieri con grande ostination, facean gran guerra d'intorno ad un grandissimo taglieri, che in dui colpi lo buttar per terra senza parole il marchese Olivieri contro un coniglio e una lepre si serra & cito cito di lor carne satio come un levrier ne fe macello & stratio
[ 22 ]
Il savio Namo, il saggio Salamone con parlar basso arciprudentemente facian notomia de un buon pavone di sua virtu disputando col dente il panciuto & agiato Re Carlone era svogliato e li parea niente mangiar, mangiando libri de pagani un piatel di pretucci ortolani
[ 23 ]
Nostro Danese ismisurato e grande sciocco coglion disutile furfante facia piu guasto in tutte le vivande che non fe al dormi Margutte e Morgante par orso al mele e cingiale alle ghiande e che carnoval faccia un ser pedante soldato a descrittion dun vent'ott'anni che quanti a denti tanti ha saccomanni
[ 24 ]
Mentre il pasto era in gloria Astolfo invita a ber Rinaldo e brindisi dicea & una tazza dun boccal sorbita di Mont'alban el sir convien che bea e come il vin involta sbalordita la tavola ritonda si volgea donde i buon paladin briachi e matti pel capo saventar vivande e piatti.
[ 25 ]
Messer Marchese Olivier Borgognone finge non riguardar veruno in volto e mentre si riscaldon le persone in trarsi il brodo e luno e l'altro accolto una spalla arrostita di montone trasse ad un tratto e contra Gan fu volto la carne gli aventò tra il capo e il collo e tramortito da pachiar levollo.
[ 26 ]
Ma tosto in se tornato il conte Gano el me che puo si strinse nelle spalle e sopra il petto si pose la mano fra se dicendo io non son Aniballe ma ne faro vendetta e dissel piano e per questa cagione in Roncisvalle condusse Orlando a morir con sua gente e chi dice altro ne mente e stramente
[ 27 ]
Ridea con Carlo tutti i paladini di don Gano che usci del scanno fuori & eron molli di piu ragion vini ricamati a minestra & a savori i loro habiti d'oro e cremesini paiono i panni dove i dipintori finiti c'hanno questi quadri e quelli le mani si forbiscano a penelli
[ 28 ]
Odorava la sala come odora un gran tinel d'un Monsignor Francese o come quel dun Cardinal anchora qnando Febo riscalda un bestial mese finita il pacchio si svagina fuora una Giornea, che a farla un maestro attese de gli anni trenta, in bei quadri distinti dove i capricci humani eran dipinti.
[ 29 ]
Eravi grili, gatti, topi, e piche, Priapi & Anni, Vulve larghe & strette, tafani, zanzale, farfalle, & formiche gli alocchi, barbagianni, e le civette, di mellon fiori, di zuche, e d'ortiche, fino alle calze da far le borsette eravi teste, braccia, pesci, e uccelli, varii si come son varii i cervelli.
[ 30 ]
Chiunque senza proposito dicea scomunicata honoranda bugia de iure acquisteria quella giornea c'haverla indosso era una signoria e tanto gloriosa si tenea ch'unaltro sfodri altra coglionaria o menzogna tanto è, che la sua passi in altro modo la giornea non dassi
[ 31 ]
Terigi il paggio d'Orlando havea cura di ricamarne quel che meglio frappa apunto Astolfo gentil creatura che a dir folate se sbandendo scappa e meglio sa contar una sciagura che uno Spagnuol non sa portar la cappa cominciava ad intrar sul ciel del forno quando ognun sente un crudel suon di corno.
[ 32 ]
Goffi perché sappiate un Almansore assai piú che un fachin asin gagliardo della Sabomia altissimo signore qual mul vitioso altier com'un bastardo era quel che sonava a gran furore dal quinci al quindi nominato Cardo Cardo Almansor si chiamava il pagano che porta per cimier Hettor Troiano
[ 33 ]
Diceva Cardo son bestiale e horrendo s'alcun di voi a cor, lena, polmone, armisi e venga a trovarmi chintendo sostentargli che glie piu che poltrone Paladin mie non migha sorridendo disse farneticando el re Carlone nipote mio io mi ti raccomando armati presto, & và combatti Orlando.
[ 34 ]
Rispose allhora il coragioso Conte lasciami andar pria a far un servigio poi m'armero, e manum propre e sponte mando colui che brava al fiume stigio Carlo chel vede sbiancheggiato in fronte e dun color che par fra il nero e il bigio disse alla vostra gratia o sir d'Anglante hor va tu Astolfo a trovar l'Amostante
[ 35 ]
Rispose il milites glorioso Astolfo sacra Corona e mi duol si la testa ch'ho perso il lume e paio un huom di zolfo e non potrei tener la lancia in resta tamen per Carlo i noterei nel golfo del marum magno, e con quella tempesta ch'un bulo sol bravar arme arme grida e totum mundem minacciando sfida.
[ 36 ]
Venner l'arme a staffetta, e il Duca armato comincio per la sala spasseggiando pagan, poltron, furfante, disgraziato, la morte tua è in punta de sto brando & quello straniamente sfoderato mille ferite al vago vento dando, dicea rendite a me cochin pagano ch'Astolfo son che fei caccar Martano.
[ 37 ]
In tanto Cardo con rabioso suono horribilmente dicea se indugiate a comparire in campo ad un sol sono adesso abbrucciero questa cittate non giovera a chiedermi perdono perche di voi haro quella pietate chel gran coglion Bartolameo havea quando fuggir qualche poltron vedea
[ 38 ]
Io vengo, io scendo, a caval monta, aspetta gridava d'Inghilterra il duca altiero, e con quella ruina, e quella fretta che trahe del letto un infermo il cristero, scende le scale, e inanzi chel pie metta inella staffa, e il culo in sul destriero ritorna in sala e dice piano & lento vo confessarmi, e poi far testamento
[ 39 ]
Vo testamento far, vo confessarmi prima chio arrischi la mia cara pelle altro che ciancie e lo mestier de larmi rida chi vuol, che son tutte novelle udendo cio Turpin disse ben parmi che ti discarchi di tue colpe felle & confessollo in un tratto, & poi monto a caval settati i fatti suoi.
[ 40 ]
E come fu a caval trottando un poco si ferma, e pensa, e seco dice o Duca andrai o no a por la carne a fuoco sara me ch'io mi appiatti in qualche buca perche il condursi in campo è un certo gioco che suol condurre a ellene nos induca, uo prima ch'ognun dica qui fuggi Astolfo huomo da ben che qui morì.
[ 41 ]
Gloria a tua posta, morti che noi siamo puo sonar mona Fama con la piva che in polvere di Cipri si possiamo con Lauro, con Mirto, e con l'Uliva e tanto delle lodi ci sentiamo quanto delle vergogne Helena diva o la Zaffetta, a ben chel sappia ognuno del dato benemerito trent'uno.
[ 42 ]
Rinaldo in questo si scusa con Carlo dicendo che a combatter anderia se l'armi havessi, & obligo ha di farlo lequali sono in pegno allhosteria eccoti Carlo del cui valor ciarlo che vede Astolfo che pian pian s'invia per ascondersi in luoco ove sua lancia non fori a lui la venerabil pancia.
[ 43 ]
Ahi famoso poltrone, ahi paladino ahi guerrier della tavola ritonda con le spalle s'affronta il saracino guardami in viso pria che ti nasconda come la furia de l'acqua un molino volge per forza, o qual sel vento fromba tal la vergogna con superba voce rispose Astolfo humilmente feroce
[ 44 ]
Onde animo si fece col bravare come chi canta per timor di notte con dir non fuggo, ma givo a pisciare che con altr huom ho delle lancie rotte tu credi forse un vigliacco affrontare pagan can traditor, squarta ricotte presto giu scendi della tua giraffa fammi un inchino, e scortami la staffa.
[ 45 ]
Se non per l'elmo, idest la visiera ti pigliero a onta di Macone e lancierotti con terribel ciera dove tien la concubina Edimione e giu non tornerai fino a sta sera stupir facendo il cielo, e le persone perche le mosche affamate a improviso t'haran pappato gli occhi il naso, el viso.
[ 46 ]
Tal ferita vo darti con la spada ch'una vela di nave andar per tasta parra chel mondo al di giuditio cada nello incontrar chio ti faro con lhasta con cui nel petto vo farti una strada che dirai non di carne son di pasta tu intendi, se sei savio smonta, e scorta la staffa, e fa con riverenza accorta.
[ 47 ]
L'Almansor ch'ode quel bravar furioso somiglia un huom a cui rimira un cane il qual è brutto, ner, tutto piloso ch'abbaia, e poi non morderebbe il pane & pare in vista tutto dannoloso sta su l'empir le calze d'ambracane cotal facea l'armorum dictum Cardo al bravar magno del guerrier dal Pardo.
[ 48 ]
Alfin prendi del campo disse ch'io ti stimo pazzo, buffone, ignorante, misericordia mamma, babbo mio diceva alhor ser Astolfo galante se a questa scampo faccio voto a Dio gir al sepulchro pellegrino errante a Loreto, a Galitia, al Giubileo, pagan, marran, saracino e giudeo,
[ 49 ]
Cosi dicendo il suo caval leggiero col cor tremante el me che puote esprona la lancia arresta, e vuol parer pur fiero Astolfo mio Dio ce la mandi buona ecco il Re Cardo cha mosso il destriero chel paladin vuol trovar in persona e lo trovo nel scudo, e si lo pose a far la Ninfa fra viole, e rose.
[ 50 ]
Come l'Inglese specchio di prudenza trovossi in su l'herbete a gambe alzate grido magnificenza onnipotenza serenita, maiesta, e potestate, reverendissimo, illustre, & eccellenza viro Domenedio, e sanitate, non por le mani al stocco ch'io m'arrendo ma al Canto sono, e me vobis comendo.
[CANTO SECONDO]
[ 1 ]
Voglia propio mi vien di disperarmi Andar ne Frati, o doventar romita si perche Marte lascia portar l'armi d'arcipoltron alla turba infinita che a sentir solamente dir armi armi cercon fuggir lor manigolda vita ne caccatoi, ne fossi, nelle grotte, di di, pensate cio che fan di notte.
[ 2 ]
Molti soldati, cavalieri, e fanti, che portan picha, lancia, & archibuso c'hanno men cor che riverenza ai santi il Lutherano heretico, e tristo uso, mentre a tavola stanno, avanti avanti gridon bevendo, il cul levando in suso e poi che a d'arme di Tromba, o tamburo affrontano i nimici doppo un muro.
[ 3 ]
E chio non parli per dir male, o fola del mio dir testimonio Astolfo sia ma non è questo quel che mi sconsola che ad altro luoco vien la robba mia, io diro pure una mala parola puo far Domenedio che tutta via ogni principe elegga a sommi honori i più poltroni, i piu goffi, i peggiori.
[ 4 ]
Vedete Carlo cha scielti in dozzina certi squassa pennacchi, squarta poggi a tavola, e in Bordello, & in cucina, e pare allui chognun col brando sfoggi vol distrugger la setta saracina con dodici sbisai, che s'al dí d'hoggi andassero hor a questo, hor a quel soldo non ci è huom che li desse il caposoldo
[ 5 ]
Forse che i laureati alti Poeti non stillano il cervel coi paladini mettendoli su in ciel sopra i tapeti e facendoli Dei non che divini state di gratia Trium vitium cheti Boiardi, Ariosti, & Aretini che Astolfo valent huom pieta domanda e inginochion a Cardo s'accomanda
[ 6 ]
Chi sei tu disse Cardo, Astolfo sono arma vi rum qui cano in terra a piei bonta d'un mio caval non troppo buono & d'un error che con la lancia fei non cavar fuor la spada che perdono signor ti chiedo miserere mei rise Cardo d'Astolfo, & disse parmi che torni al Signor tuo pedon senz'armi.
IL FINE.
EDIZIONE DI RIFERIMENTO: "L'orlandino - canti due - di messer Pietro Aretino", Presso Gaetano Romagnoli, Bologna, 1868 ( Vedi )
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